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venerdì 1 maggio 2015

Paolo Sarpi: condizione di degrado sacramentale della Chiesa pretridentina

In fine della congregazione si propose di raccogliere gli abusi in questa stessa
materia co' rimedii per estirpargli, e nelle seguenti congregazioni furono raccontati
molti: che il santissimo sacramento in alcune chiese particolari non è conservato et in
altre è tenuto con grand'indecenza; che quando è portato per la strada, molti non
s'ingenocchiano et altri non degnano manco scoprirsi il capo; che in alcune chiese è
tenuto per cosí longo spacio, che vi nascono delle putredini; che nel ministrar la santa
communione è usata da alcuni parochi grand'indecenza, non avendo pur un panno che il
communicante tenga in mano: quello che piú importa, i communicanti non sanno quello
che ricevono, né hanno instruzzione alcuna della degnità, né del frutto di questo
sacramento; che alla communione sono admessi concubinarii, concubine et altri enormi
peccatori, e molti che non sanno il Pater noster, né l'Ave Maria; che alla communione
sono dimandati danari sotto nome d'elemosina, e, peggio di tutto, in Roma vi è
un'usanza che chi ha da communicarsi tiene in mano una candela accesa con qualche
danaro infisso dentro, il qual con la candela, dopo la communione, resta al sacerdote, e
chi non porta la candela, non è admesso alla communione. Per rimedio di parte di questi
e, altri abusi furono formati cinque canoni con un bellissimo proemio: ne' quali si
statuiva che monstrandosi il sacramento nell'altare o portandosi per la via, ogni uno
debbi ingenocchiarsi e scoprirsi il capo; che in ogni chiesa parochiale si debbe servar il
sacramento e rinovarlo ogni 15 giorni, e far arder inanzi a lui giorno e notte una
lampada; che sia portato agl'infermi dal sacerdote in abito onorevole e sempre con lume;
che i curati insegnino a' suoi popoli la grazia che si riceve in questo sacramento et
esseguiscano contra loro le pene del capitolo Omnis utriusque sexus; che gl'ordinarii
debbino aver cura dell'essecuzione, castigando i trasgressori con pene arbitrarie, oltra le
statuite da Innocenzio III nel capitolo Statuimus, e da Onorio III nel capitolo Sane.

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