Decreto di riforma.
Lo stesso santo
concilio Tridentino, riunito legittimamente nello Spirito santo, sotto la
presidenza dello stesso legato e degli stessi nunzi della sede apostolica,
volendo stabilire alcune norme sulla giurisdizione dei vescovi; perché essi,
conformemente al decreto dell’ultima sessione, tanto più volentieri risiedano
nelle chiese loro affidate, quanto più facilmente e opportunamente possono
governare e contenere i loro soggetti nell’onestà della vita e dei costumi,
crede bene, come prima cosa, ammonirli di ricordarsi che essi sono dei pastori,
non dei tiranni (232), e che è necessario comandare ai sudditi non in modo da
dominare su di essi, ma da amarli come figli e fratelli; e a far sì che,
esortando ed ammonendo, li allontanino da ciò che è illecito, perché non
debbano poi, una volta che abbiano mancato, punirli con le pene dovute.
E tuttavia, se essi dovessero mancare in qualche cosa per
umana fragilità, devono osservare quel precetto dell’apostolo: di riprenderli,
cioè, di pregarli, di rimproverarli con ogni bontà e pazienza (233): poiché
spesso con quelli che devono essere corretti vale più la benevolenza, che la
severità; più l’esortazione, che le minacce, più l’amore che lo sfoggio di
autorità (234).
Se poi fosse
necessario, per la gravità della mancanza, usare la verga, allora con la
mansuetudine bisogna usare il rigore, con la misericordia il castigo, con la
bontà la severità, perché, pur senza asprezza, sia conservata quella disciplina
che è salutare e necessaria ai popoli; e quelli che vengono corretti, si
emendino, o se non volessero tornare sulla buona via, gli altri si astengano
dai vizi con l’esempio salutare della punizione contro di essi, essendo ufficio
del pastore diligente e pio, prima usare i rimedi più miti per i mali delle sue
pecore; poi, se la gravità della malattia lo richieda, procedere a rimedi più
forti e più gravi. E se neppure questi portassero a qualche risultato, egli
dovrà evitare il pericolo del contagio almeno per le altre pecore, separandole
(235).
Poiché, quindi, i
rei di delitti, spesso, per evitare le pene e per sfuggire il giudizio dei
vescovi adducono lamenti e aggravi e col diversivo dell’appello impediscono il
processo del giudice, perché essi non debbano abusare di un rimedio, istituito
a difesa dell’innocenza, a favore della loro malvagità, e, quindi, perché si
possa ovviare alla loro furberia e alla loro tergiversazione, così, il santo
concilio stabilisce e decreta:
Canone I
Nelle cause che
riguardano la visita e la correzione, o la capacità e l’inabilità, così pure in
quelle criminali, prima della sentenza definitiva non si appelli contro il
vescovo o il suo vicario generale per le questioni religiose, per la sentenza
interlocutoria o per qualsiasi altro aggravio; e il vescovo, o il suo vicario,
non sono tenuti a tener conto di questo appello, considerandolo di nessuna
importanza. Non ostante questo appello, anzi, e qualsiasi proibizione emanata
dal giudice di appello, ed ogni uso e consuetudine contraria, anche
immemorabile, essi possano procedere oltre, a meno che questo aggravio non
possa essere riparato con la sentenza definitiva, o non si possa fare appello
dalla sentenza definitiva. In questi casi rimangono intatte le norme degli
antichi canoni (236).
Canone II
Una causa di appello in materia criminale (dove l’appello è
ammesso) contro la sentenza del vescovo, o del suo vicario generale, se
dev’essere assegnata in partibus per autorità apostolica, sia affidata
al metropolita, o anche al suo vicario generale per gli affari spirituali; o,
se egli per qualche motivo fosse sospetto, o fosse lontano più dei due giorni
di cammino legali, o fosse stato appellato contro di lui ad uno dei vescovi più
vicini o ai loro vicari; mai però a giudici inferiori.
Canone III
Il reo che, in una
causa criminale, si appella dal vescovo, o dal suo vicario generale nelle cose
spirituali, deve portare senz’altro dinanzi al giudice, a cui si è appellato,
gli atti della prima istanza; ed il giudice non proceda alla sua assoluzione se
non dopo aver visto questi atti.
Chi ha appellato
entro i trenta giorni consegni gratuitamente gli stessi atti; in caso
contrario, la causa di appello sia conclusa senza di essi, come la giustizia
richiederà.
Qualche volta,
inoltre, i delitti commessi dalle persone ecclesiastiche sono talmente gravi,
che per la loro atrocità meritano di esser deposte dai sacri ordini e
consegnate al braccio secolare. In tali casi si richiede, secondo i sacri
canoni, un dato numero di vescovi; dato che, se fosse difficile poterli avere
tutti, ne sarebbe differita la debita esecuzione del diritto; e se qualche
volta potessero radunarsi, sarebbe interrotta la loro residenza, il santo concilio
ha stabilito e deciso:
Canone IV
Sia lecito a un
vescovo, personalmente o per mezzo d suo vicario generale per le cose
spirituali, procedere anche alla condanna e alla deposizione verbale di un
chierico costituito negli ordini sacri e anche nel presbiterato; personalmente,
(può procedere) anche alla degradazione attua e solenne dagli stessi ordini e
gradi ecclesiastici, - nei casi in cui si richiede la presenza degli altri
vescovi in un numero definito dai canoni, - anche senza di essi, chiamando tuttavia,
e facendosi assistere in ciò da altrettanti abati che abbiano l’uso della mitra
e del pastorale per privilegio apostolico, se possono facilmente trovarsi nella
città e nella diocesi e possono agevolmente esser presenti. In caso diverso, si
facciano assistere da altre persone costituite in dignità ecclesiastica,
insigni per età e raccomandabili per la conoscenza del diritto.
E poiché con finti
motivi - che tuttavia sembrano assai plausibili - avviene qualche volta, che
qualcuno strappi tali grazie, per cui o vengono del tutto condonate o vengono
diminuite le pene inflitte loro dai vescovi con giusta severità, non dovendosi
soffrire che la menzogna, che tanto dispiace a Dio, non solo rimanga impunita
in se stessa, ma ottenga anche il perdono di un alto delitto per chi mentisce,
il santo concilio stabilisce e dispone:
Canone V
Il vescovo,
residente nella sua chiesa, in caso di reticenza o falsità per ottenere una
grazia, impetrata con false preghiere (circa l’assoluzione di un pubblico
crimine o delitto di cui egli aveva già cominciato l’inchiesta giudiziaria;
circa la remissione di una pena, alla quale chi ha commesso il crimine fosse
stato già da lui condannato) ne prenda personale conoscenza, anche
sommariamente, come delegato della sede apostolica e quando consti
legittimamente che la stessa grazia sia stata ottenuta con la narrazione del
falso o con la dissimulazione della verità, non riconosca tale grazia.
Poiché i sudditi,
anche se siano stati a buon diritto corretti (dal vescovo), sono soliti odiarlo
moltissimo e, quasi che avessero ricevuto ingiuria, accusarlo di falsi crimini,
per dargli in qualsiasi modo fastidio, e così il timore delle noie, cui va
incontro, lo rende tardo nel ricercare e punire i loro delitti; per questo,
affinché egli non sia costretto, con danno suo e della chiesa, ad abbandonare
il gregge che gli è stato affidato, e ad andare qua e là, non senza diminuzione
della dignità vescovile, il concilio ha stabilito e deciso:
Canone VI
Il vescovo non sia in nessun modo citato o ammonito a comparire
personalmente, se non per un motivo per cui dovrebbe esser deposto o privato
della sua dignità, anche se si procede ex officio, o per inquisizione o
denunzia, o per accusa, o in qualsiasi altro modo.
Canone VII
I testimoni di
informazioni o indizi in una causa criminale o, comunque, in una causa
principale contro un vescovo, non siano ammessi, se la loro testimonianza non
conviene con quella di altri e se non sono di buona condotta, di buona fama, e
di buona stima. Se poi deponessero qualche cosa per odio, per temerità e per
cupidigia, siano puniti gravemente.
Canone VIII
Le cause dei
vescovi, quando per la natura del delitto loro contestato debbano comparire
dinanzi al giudice, siano portate dinanzi al sommo pontefice, e da lui siano
concluse.
Decreto di proroga per la definizione dei quattro articoli
sul sacramento dell’eucarestia e del salvacondotto.
Lo stesso santo
sinodo, desiderando togliere, come spine dal campo del Signore, tutti gli
errori, che sono recentemente ripullulati intorno a questo santissimo
sacramento, e provvedere alla salvezza di tutti i fedeli, dopo aver offerto
piamente a Dio onnipotente quotidiane preghiere, tra gli altri articoli,
riguardanti questo sacramento, trattati con diligentissima ricerca della verità
cattolica, dopo moltissime discussioni, come richiedeva la gravità
dell’argomento, dopo aver chiesto il parere di teologi di primo piano, avrebbe
voluto trattare anche questi:
1. Se sia necessario
alla salvezza e comandato dalla legge divina, che i singoli fedeli ricevano lo
stesso venerabile sacramento sotto le due specie.
2. Se per caso chi
si comunica sotto una sola specie, non riceva meno di chi si comunica sotto
tutte e due.
3. Se la santa madre
chiesa non abbia errato dando la comunione ai laici e a quelli che non celebrano
sotto una sola specie.
4. Se anche i
bambini debbano ricevere la comunione.
Ma poiché dalla nobilissima provincia della Germania quelli
che si dicono "Protestanti" desiderano essere ascoltati dal santo
concilio su questi stessi articoli, prima che siano definiti; ed a questo scopo
hanno chiesto ad esso un pubblica garanzia, perché possano senza alcun pericolo
venire qua, dimorare in questa città, parlare liberamente al concilio e
proporre quello che essi pensano, e poi, quando credono, potersene tornare,
questo santo sinodo, quantunque abbia atteso con grande desiderio la loro
venuta già per molti mesi, tuttavia, come pia madre che geme e partorisce
(237), desiderando sommamente e volendo far del suo meglio perché non vi siano
scismi tra i cristiani (238), e che, come tutti riconoscono lo stesso Dio e
Redentore, così dicano, credano e professino le stesse cose (239), confidando
nella divina misericordia e sperando che essi possano essere ricondotti alla
santissima e salutare concordia di una sola fede, speranza e carità, volentieri
usa loro questo riguardo e ha dato e concesso la sicurezza e la pubblica
assicurazione, o salvacondotto, come hanno chiesto, per quanto lo riguarda, nel
modo che seguirà, e per loro riguardo ha rimandato la definizione di quegli
articoli alla seconda sessione, che ha indetto per la festa della conversione
di S. Paolo, che sarà il 25 del mese di gennaio del prossimo anno. Ciò perché
essi possano con loro comodo essere presenti.
Stabilisce, inoltre,
che in quella stessa sessione si tratti del sacrificio della messa, per lo
stretto legame che vi è fra l’uno e l’altro argomento.
Intanto ha stabilito
che nella prossima sessione debba trattarsi dei sacramenti della penitenza e
dell’estrema unzione; che essa debba tenersi nella festa di santa Caterina
vergine e martire, che sarà il 25 di novembre; ed anche che nell’una e
nell’altra sessione venga proseguita la materia della riforma.
Salvacondotto dato ai protestanti tedeschi dal sacro
concilio di Trento.
Il sacrosanto
concilio generale di Trento, legittimamente riunito nello Spirito santo, sotto
la presidenza dello stesso legato e degli stessi nunzi della santa sede,
concede - per quanto spetta ad esso - la pubblica fede e la piena sicurezza che
chiamano "Salvacondotto" - a tutte e singole quelle persone, sia
ecclesiastiche che secolari, di tutta la Germania, di qualsiasi grado, stato,
condizione e qualità esse siano, le quali vorranno venire a questo concilio
ecumenico e generale, perché possano con tutta libertà conferire, proporre e
trattare di quegli argomenti che devono esser trattati nello stesso concilio;
perché possano liberamente e con tranquillità venire allo stesso concilio
ecumenico e rimanere e dimorare in esso, proporre, sia per iscritto, che
oralmente, tutti quegli articoli che vorranno, e discutere con i Padri o con
quelli che saranno stati scelti dallo stesso sinodo e disputare, senza usare
modi ingiuriosi ed offensivi; e che, inoltre, quando essi crederanno, possano
tornarsene via.
Concediamo questo
salvacondotto con tutte e singole le clausole e i decreti necessari ed
opportuni, anche se essi dovessero essere espressi in modo speciale e non con
espressioni generiche, e che si intendono come espressi.
È sembrato bene, inoltre, al santo sinodo che se essi per loro maggiore
libertà e sicurezza, desiderassero che vengano scelti dei giudici, sia per i
delitti già perpetrati che per quelli che possano esser commessi da loro in
futuro, li nominino pure a loro gradimento, anche se gli stessi delitti fossero
enormemente grandi e riguardassero l’eresia
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