Decreto su ciò che bisogna osservare ed evitare nella
celebrazione delle messe
Quanta cura sia
necessaria, perché il sacrosanto sacrificio della messa sia celebrato con ogni
religiosità e venerazione, ognuno potrà facilmente capirlo, se rifletterà che
nella sacra scrittura viene detto ‘maledetto’ chi compie l’opera di Dio con
negligenza (348) E Se dobbiamo confessare che nessun’altra azione possa essere
compiuta dai fedeli cristiani così santa e così divina, come questo tremendo
mistero, con cui dai sacerdoti ogni giorno si immola a Dio sull’altare
quell’ostia vivificante, per la quale siamo stati riconciliati con Dio padre,
appare anche chiaro che si deve usare ogni opera e diligenza, perché esso venga
celebrato con la più grande mondezza e purezza interiore del cuore, e con
atteggiamento di esteriore devozione e pietà.
E poiché, sia per
colpa del tempo che per negligenza e malvagità degli uomini, si sono introdotti
molti elementi
alieni dalla dignità
di un tanto sacramento, perché sia restituito il dovuto onore e culto, a gloria
di Dio e ad edificazione del popolo fedele, questo santo sinodo stabilisce che
i vescovi ordinari si diano cura e siano tenuti a proibire e a togliere di
mezzo tutto ciò che hanno introdotto o l’avarizia, che è servizio degli idoli
(349), o l’irriverenza, che si può difficilmente separare dall’empietà, o la
superstizione, falsa imitazione della vera pietà.
E, per dirla in
breve, prima di tutto - per quanto riguarda l’avarizia, - essi proibiscano
assolutamente qualsiasi compenso, i patti e tutto ciò che viene dato per
celebrare le nuove messe; ed inoltre quelle, più che richieste, importune e
grette esazioni di elemosine; ed altre cose simili, che non sono molto lontane,
se non proprio dalla macchia della simonia, certo da traffici volgari.
In secondo luogo,
per evitare l’irriverenza, ognuno, nella sua diocesi, proibisca che qualsiasi
prete girovago e sconosciuto possa celebrare la messa. A nessuno, inoltre, che
abbia commesso un delitto pubblico e notorio, permettano che possa servire al
santo altare, o assistere alla santa messa; e neppure che in case private, e,
in genere, fuori della chiesa e degli oratori destinati solo al culto divino da
designarsi e visitarsi dagli ordinari - questo santo sacrificio sia celebrato
da qualsiasi secolare o regolare, e senza che prima i presenti, in
atteggiamento composto, mostrino di assistere non solo col corpo, ma anche con
la mente e con affetto devoto del cuore.
Bandiscano, poi,
dalle chiese quelle musiche in cui, con l’organo o col canto, si esegue qualche
cosa di meno casto e di impuro; e similmente tutti i modi secolari di
comportarsi, i colloqui vani e, quindi, profani, il camminare, il fare
strepito, lo schiamazzare, affinché la casa di Dio sembri, e possa chiamarsi
davvero, casa di preghiera (350).
Da ultimo, perché
non si dia occasione di superstizione, con editto e con minacce di pene
facciano in modo che i sacerdoti non celebrino se non nelle ore stabilite e che
nella celebrazione delle messe non seguano riti o cerimonie, e dicano preghiere
diverse da quelle che sono state approvate dalla chiesa e accettate da un uso
consueto e lodevole. Tengano lontano assolutamente dalla chiesa l’uso di un
certo numero di messe e di candele, inventato più da un culto superstizioso,
che dalla vera religione. E insegnino al popolo quale sia e da che
principalmente provenga il frutto così celeste e così prezioso di questo
santissimo sacrificio.
Lo ammoniscano anche
che si rechi frequentemente nella propria parrocchia, almeno nei giorni di
domenica e nelle feste più solenni.
Tutte queste cose,
che abbiamo sommariamente enumerato, vengono proposte a tutti gli ordinari in
tal modo, che non solo esse, ma qualsiasi altra cosa che abbia attinenza con
quanto veniamo dicendo, con quel potere che ad essi viene conferito dal
sacrosanto sinodo ed anche come delegati della sede apostolica, essi le
proibiscano, le comandino, le correggano, le stabiliscano, e spingano il popolo
fedele ad osservarle inviolabilmente con le censure ecclesiastiche e con altre
pene, che potranno essere stabilite a loro giudizio. Tutto ciò, non ostante i
privilegi, le esenzioni; gli appelli e le consuetudini di qualsiasi natura.
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